La prima cosa che ho scritto, da bambina, non è stata una storia.
Non un racconto, non un diario, non una favola.
Sono state canzoni e poesie.
Parole accostate per istinto più che per tecnica,
con il ritmo di chi non sa ancora nulla ma sente già tutto.
Poi sono cresciuta.
E crescendo, ho incontrato i primi editori.
Mi dicevano che la poesia non vende.
Che non c’è mercato.
Che i testi delle mie canzoni erano troppo tristi, troppo crudi, troppo “pesanti”.
Così ho imparato a scrivere in prosa.
Ho vestito le emozioni di trama, i pensieri di argomenti,
e ho fatto della narrazione il mio mestiere.
Ma c’è qualcosa che la prosa non libera.
Qualcosa che resta chiuso in un’altra stanza dell’anima,
quella dove le parole non devono spiegare,
ma solo appartenersi.
La poesia —
così come il testo scritto per la musica —
è un modo di accostare le parole come se fossero corpi,
che si scelgono o si respingono in un rituale amoroso e dissonante,
a volte doloroso, a volte lieve.
Scriverle significa non sapere cosa stai dicendo finché non lo vedi uscire da te.
È una navigazione cieca, ma piena.
Una corrente sotto la lingua.
Scrivere così non serve a spiegare.
Serve a scoprire.
A sentire, prima ancora che comunicare.
E chi legge?
Chi legge può risuonare.
Oppure no.
Ma in entrambi i casi, qualcosa si muove.
È per questo che torno spesso alla poesia,
anche se mi dicono che non vende.
Perché non tutto ciò che vale si misura in copie.
E non tutto ciò che guarisce ha bisogno di essere capito.
Scrivere resta una meravigliosa avventura.
Una delle poche che si può fare nudi e pieni,
sbagliando tempo, accordi, perfino senso —
ma non verità.
Sempre,
sono onorata al pensiero che mi leggiate.
Grazie.
Oggi mi apro in espansione, in esplosione
con i pezzetti passati,
quelli piccoli, insulsi, accartocciati,
quelli che raccontano chi ero ieri
con la vergogna appiccicata agli occhi —
per ricordare che per essere chi voglio diventare,
non devo dimenticare.
Così anche tu, emozione ancora viva,
lasciati trasformare,
accogliti e ascoltati,
e poi allontanati
mentre io vado avanti.
Perché con il tuo sguardo alle spalle
io sarò ogni giorno più forte.
Oggi è agire,
perché reagire sposta l’attenzione su qualcuno o qualcosa,
ma è nella mia decisione che esisto davvero.
In questo giorno affetto dai cambiamenti,
seziono ricordi per spogliarli, cosicché —
nudi e crudi —
mi regalino la realtà che ho nascosto
per non vedere,
per credere,
per respirare.
E come l’aria di un ventilatore sporco,
mi libero dalle impurità,
direzionando la polvere direttamente alla soffitta
in cui mi ero riposta
ad accumulare i miei gioielli fatti di sterco.
Strafatta di fumo negli occhi,
disintossico la vista,
stacco la corrente,
concimo l’anima —
che un po’ di puzza di merda
non ha mai fatto male a nessuno.
Libera i polmoni,
ma solo quando ti accorgi
che la stai respirando.
Ti va di raccontarmi il tuo rapporto con la scrittura che nasce di getto?
Hai mai sentito parole uscire da te senza sapere da dove venivano?
Se qualcosa in questo testo ha risuonato, scrivimelo nei commenti.
Anche poche parole possono fare eco.
🙏🏻 risuona tanto … ma “è nella mia decisione che esisto davvero.” oggi risuona più che mai ❤️🙏🏻 grazie
Ho avuto un periodo in cui scrivevo, poi un giorno ho smesso e non ho ancora ricominciato, le tue parole risuonano nell'anima, grazie, forse un giorno ricomincerò, devo prendermi cura di me e della mia vita. 🥰